Il Punto : Decisione di Trump di alzare i dazi

Il punto. La decisione di Trump di alzare al 25% i dazi su 200 mld di dollari di importazioni dalla Cina mentre sono in corso gli incontri fra le delegazioni cinese e americana, conferma la svolta negativa dei negoziati……

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a cura dell’ Ufficio Studi Banca Intesa SanPaolo


Dopo gli eventi di questa settimana, anche nel caso favorevole (e probabile) di proseguimento delle trattative, il clima di distensione sul commercio internazionale degli ultimi mesi difficilmente potrà riassestarsi.

Il rischio di volatilità ed escalation delle tensioni sarà probabilmente percepito dalle imprese come un fattore strutturale, con conseguenze rilevanti per le decisioni produttive e per il clima di fiducia.

Il presidente Trump ha deciso di procedere con il rialzo al 25% dei dazi USA su 200 mld di importazioni dalla Cina a partire dalla mezzanotte di oggi, giustificandolo con l’arretramento della controparte su punti già concordati nelle trattative dei mesi passati, e ha riaffermato la volontà di introdurre dazi del 25% su altri 325 mld di importazioni, dando istruzioni all’US Trade Representative (USTR) di iniziare a predisporre le condizioni amministrative per attuare le nuove misure.

Gran parte delle importazioni soggette al rialzo dei dazi che entrerà in vigore da domani sono beni capitali e/o intermedi, ma circa 40 mld sono beni di consumo.

L’ufficio dell’USTR darà la possibilità alle imprese del settore di richiedere esenzioni in caso di danni ingenti dai nuovi dazi, come era avvenuto per acciaio e alluminio.

Invece, le eventuali misure sugli ulteriori 325 mld di importazioni colpirebbero prevalentemente beni di consumo, dall’elettronica, all’abbigliamento.

Secondo stime della Tax Foundation, il rialzo dei dazi al 25% su 200 mld di import cinesi avrebbe un effetto negativo sulla crescita di circa -0,1pp.

In caso di implementazione di dazi del 25% sui restanti 325 mld di importazioni dalla Cina, l’effetto stimato sul PIL sarebbe pari a -0,2pp.

I dazi applicati finora sulle importazioni cinesi (25% su 50 mld e 10% su 200 mld) dovrebbero aver frenato la crescita complessivamente di -0,1pp.

Va aggiunto che, come già accaduto nel 2018, l’aumento dei dazi sarebbe probabilmente accompagnato da una significativa svalutazione del renminbi sui mercati valutari.

Per dare maggiore credibilità alla propria strategia, Trump ha dichiarato di essere “diverso da molte altre persone”, dato che pensa che “i dazi siano molto potenti” per gli USA.

La Cina ha ribadito che intende agire con le contromisure necessarie, per ora non identificate.

L’annuncio del rialzo dei dazi USA è avvenuto mentre è in corso l’incontro fra le delegazioni cinese e americana, iniziato giovedì, in un clima di tensioni elevate.

Una settimana fa si prevedeva che oggi avrebbe potuto essere annunciata la data di un summit fra i presidenti Trump e Xi.

Invece, nella migliore delle ipotesi, potrà essere confermato il proseguimento dei negoziati, mentre le parti cercano di ricostruire un accordo che potrebbe richiedere tempo, alla luce della divergenza di opinioni su alcuni temi cruciali che sembravano essere stati risolti.

In parte, l’escalation delle tensioni nell’ultima settimana sembra sia dovuta alla percezione cinese di avere una posizione di maggiore forza rispetto a qualche mese fa, sulla scia del miglioramento della congiuntura e del successo della conferenza per la Belt and Road Initiative, che ha potenziato lo standing internazionale della Cina.

Inoltre, sembra che le Autorità cinesi abbiano interpretato i richiami di Trump a Powell per tassi più bassi come un segnale di timore di rallentamento dell’economia USA da parte dell’amministrazione.

Una conclusione dei negoziati è ora più lontana del previsto, e dipende da un eventuale compromesso sulla questione che ha portato al blocco delle trattative domenica scorsa.

La svolta negativa dell’ultima settimana riguarda principalmente la pubblicazione dei dettagli di un eventuale trattato, che dovrebbe includere impegni da parte cinese a modificare leggi e regolamentazioni per aprire i propri mercati, tutelare le imprese americane e ridurre i sussidi alle imprese statali.

Dal lato cinese, l’intenzione era di pubblicare solo un sommario, senza indicare i dettagli per evitare di mostrare una perdita di sovranità legislativa.

La svolta negativa dei negoziati con la Cina, indipendentemente dall’esito futuro per i dazi attuati oggi e per quelli minacciati, avrà un effetto segnaletico importante e duraturo per le imprese, con l’indicazione che i rischi di turbolenza per gli scambi commerciali con la Cina restano elevati e con incentivi a spostare produzione e/o importazioni dalla Cina ad altri paesi.

I flussi di investimento fra i due paesi sono già ampiamente rallentati nel 2018 (investimenti cinesi in USA sui livelli del 2010, meno del 10% dei livelli del 2016) e gli scambi commerciali probabilmente seguiranno in modo più strutturale, dopo un anno di volatilità.

Per gli Stati Uniti, lo scenario del commercio è sempre più complesso: il fronte con la Cina resta aperto, mentre è ancora da approvare il nuovo NAFTA, si stanno discutendo trattati bilaterali con l’UE e con il Giappone e potrebbe aprirsi la prossima settimana il fronte dei dazi sul settore auto.

Infatti, il presidente Trump ha tempo fino al 17 maggio per decidere se intervenire sulla base delle raccomandazioni del rapporto preparato dal Commerce Department sul settore auto.

Entro tale data, Trump dovrà indicare se intende perseguire le indicazioni del rapporto, che probabilmente conclude che le importazioni di auto rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale, da affrontare con misure di contenimento, fra cui dazi e/o quote.

Lo scenario del commercio internazionale è ormai radicalmente cambiato: oltre alla progressiva riduzione del ruolo del WTO, la tendenza all’integrazione commerciale potrebbe essersi ormai invertito definitivamente.

Ciò avrà implicazioni di lungo respiro anche sugli investimenti delle imprese, soprattutto per l’incertezza che tale svolta ha creato.

Fonte: BondWorld.it


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